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Salone di Parigi, ottobre 1984: torna il glorioso appellativo “Testarossa” e va ad identificare l’erede della 512 BBi. Per questa vettura, Pininfarina disegnò una linea innovativa e di notevole impatto visivo, caratterizzata da prese d’aria laterali molto pronunciate e da dimensioni più grandi del modello precedente. L’evoluto 12 cilindri boxer era diventato a quattro valvole per cilindro ed era, in quel periodo, il motore più potente installato su di un’auto sportiva di serie.
La vettura, con la sua linea, opera di Pininfarina[2], caratterizzata dalla coda notevolmente allargata (dominata dalla grossa fanaleria di foggia rettangolare dissimulata dalla presenza di una fitta serie di barre orizzontali dipinte di nero) e dalle grandi griglie laterali, suscitò subito ampi consensi (e qualche critica: qualcuno la considerò persino eccessiva, più vicina all'ostentazione Lamborghini che all'eleganza Ferrari). Anche gli interni, lussuosamente rifiniti, erano opulenti.
In origine la Ferrari Testarossa disponeva di un solo specchietto retrovisore, molto sporgente, e curiosamente situato sulla mezzeria del montante sinistro del parabrezza, allo scopo di migliorare la scarsissima visibilità posteriore, che era ostacolata dalla presenza della larga e massiccia coda; tale collocazione non era, in effetti, particolarmente elegante, per cui, a partire dall'anno 1986 si passò ad una soluzione più tradizionale, consistente nell'adozione di due specchietti, situati alla base dei montanti, e non in prossimità della loro mezzeria.

